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mercoledì 19 marzo 2014

"Pista nera" Antonio Manzini









"Pista nera"  Antonio Manzini
2013
Sellerio editore
collana : la Memoria
p.160




La “pista nera” è la prima indagine del commissario Rocco Schiavone in trasferta ad Aosta, o forse più che di “trasferta” dovremmo parlare di punizione, anche se non sappiamo ancora il perché…ma lo sapremo.

Un imprenditore di origini siciliane, Leone Miccichè, viene ucciso sulle piste da sci a Champoluc, ed è arduo per Rocco dover indagare con il Loden e le Clarks, il gelo, gli sciatori, che sembrano “peccatori in un girone dell’inferno”. Leone lascia una moglie bellissima, che sembra un’attrice del cinema, molto corteggiata e odiata dalla famiglia di lui, in particolare dalla cognata. L’indagine di Rocco si ramifica fra la pista passionale e la pista del regolamento di conti. All’interno di questa indagine si svolge un episodio parallelo, apocalittico e geniale.

Sulla trama non posso dire molto di più, trattandosi di un giallo, non posso rivelare…Ma posso dire molto sulla bravura di Antonio Manzini e sulla grandezza e l’umanità del personaggio di Rocco Schiavone.

La bravura dell’autore io l’avevo già apprezzata molto prima di Rocco Schiavone, nei racconti scritti a quattro mani con Niccolò Ammaniti, e molto prima della “Pista Nera” già dal racconto “l’accattone” in Capodanno in giallo, e dalle altre raccolte a tema, edite sempre dalla Sellerio.
Antonio Manzini è diretto e umano proprio come il suo personaggio. Con gli anni sto affinando la mia lettura e riesco a “sentire” se un autore è vero o finto, e Antonio Manzini è vero e riesce ad emozionare, ed è quanto mi basta per definirlo un autore che vale. Lo stile è scorrevole e tiene il lettore incollato alle pagine. Questo libro l’ho letto in pochissimo tempo, non volevo più spegnere la luce ed andare a dormire, ancora una pagina, ancora una pagina…

Quanto al personaggio, Rocco è davvero geniale, è un grande nel male e nel bene, io credo sia l’uomo di cui la giustizia italiana avrebbe bisogno. È vero, non usa dei metodi molto ortodossi e frequenta gente non tanto raccomandabile, ma raggiunge il risultato, diversamente da chi segue pedissequamente le regole e la burocrazia, paletti creati al solo scopo di mantenere in vita un sistema, che non vuole la vera giustizia. Ovviamente questa è la mia opinione personale, ma non credo sia un’opinione isolata (per una volta, perché normalmente sono sempre molto sola) visto quanto è amato Rocco Schiavone.
Ironico, sarcastico, donnaiolo, ma dolce, sì anche dolce, quando dialoga con Marina, il suo unico vero grande amore, e commovente, quando parla degli animali ad Italo, il suo aiutante.

Infatti oltre che molta azione, ci sono anche dei dialoghi interessantissimi, dai quali emerge il disagio di Rocco lontano dalla sua Roma, lo sdegno verso la natura umana e per le ingiustizie della nostra società, e ci sono delle bellissime descrizioni dei paesaggi che mi hanno fatto venire voglia di tornare in quei luoghi (proprio io che non amo la montagna, è tutto dire) e infatti lo farò a breve.

Inoltre, come ho già detto, ci sono dei momenti in cui Rocco tocca davvero il cuore, momenti di dolcezza, che vi cito qui di seguito, perché mi hanno colpita molto e non interferiscono con la soluzione del caso.

Se non l’avete ancora letto, non aspettate molto a farlo.

© Miriam Caputo



"L'amore e Rocco si erano incontrati spesso per strada. Una volta si innamorava facile. Il suo cuore e i suoi pensieri correvano dietro alle compagne di liceo, d'Università, alle colleghe di lavoro. Mariadele, Alessandra, Lorenza, Myriam, Finola. Bastava uno sguardo, una pettinatura, un'occhiata da sotto in sù e il cuore di Rocco Schiavone aumentava i battiti, impazziva, si lanciava per poi crollare miseramente. Un giorno arrivò Marina e si sposò. e li ci fu un tac, come la serratura di una finestra che si chiude. A 35 anni. Marina aveva premuto un bottone e io cuore di Rocco si era messo a sobbalzare solo per la A.S. Roma. Stava con sua moglie, l'amava e spazio per le altre non ce n'era più. Chiuso. Finito. E la cosa non gli pesava per niente. Le guardava le altre donne, ma come si può guardare un bel quadro o un paesaggio che ti lascia senza fiato. Marina era il suo porto. Lui aveva attraccato e di andare in giro per il mare non ne sentiva più il bisogno."


"Avevo un cane una volta. A Roma. Si chiamava India. Non aveva una razza, meglio ne aveva quattro o cinque e le mancava la parola. Lo so, tutti quelli che hanno un cane dicono così, ma per lei era vero. Un giorno si ammalò e dopo sei settimane morì. .. Io la curavo. le facevo le flebo, mi sono alzato un solo momento dalla sua cuccia per andare a prendermi da bere e quando sono tornato lei non c'era più...Ha aspettato che me ne andassi. Perché la morte per gli animali è una cosa estremamente privata. Più privata della nascita. E non va condivisa con nessuno...In natura la morte non ha colpe. La morte è solo vecchiaia, malattia o sopravvivenza. Questo i cani lo sanno. Glielo puoi leggere negli occhi. Dovresti farti un cane Italo, impareresti un sacco di cose. Per esempio impareresti che in natura non esiste la giustizia. Quello è un concetto tutto umano. E come tutte le cose è opinabile e fallace."




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