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venerdì 6 settembre 2013

Premio Campiello_Seconda parte


A poche ore dalla cerimonia finale, non mi resta che proseguire con la mia personale carrellata di recensioni della cinquina. Per me sono già tutti vincitori.


Per quanto riguarda gli ultimi tre, se potessi riassumerli con una parola ciascuno, direi : un sogno (Stassi), l'amore (Riccarelli), un quadro (Masini)






Fabio Stassi_L'ultimo ballo di Charlot
Sellerio Editore
2012
p. 279

Questo romanzo è molto sognante e inizia una notte di Natale, in cui la signora Morte si reca in visita a Charlie Chaplin, nella sua casa in Svizzera, per portarlo via. 
Charlie Chaplin è anziano ma ha un bambino piccolo e vorrebbe vivere ancora un pochino per potergli lasciare il suo messaggio sulla vita.
Stringe pertanto un patto con la Morte: se riuscirà a farla ridere, rimanderanno l'appuntamento all'anno successivo.
Non solo per le sue innate capacità ma anche per la goffaggine data dall'età il protagonista riesce nell'intento, fa ridere la signora Morte e così si rimanda il loro incontro. E ciò accade di anno in anno fino a che non compirà l'ottantottesimo compleanno. 


Il libro si dipana così in sei rulli (dal Natale 1971 all'epilogo del Natale 1977)  proprio come un film muto, ma ricco di parole, le parole che Charlie Chaplin lascia a suo figlio Christopher, in una lunga lettera in cui racconta la sua vita: dall'infanzia in Inghilterra (le sue umili origini, il padre alcoolizzato, la pazzia della madre) al viaggio negli Stati Uniti ove ha svolto tutti i mestieri del mondo, persino l'imbalsamatore, le sue esperienze, le emozioni, gli incontri.
Una lettera, il cinema, il circo, un'atmosfera sognante. Nel rivolgersi al figlio, permette anche a noi di conoscere meglio questo personaggio storico, che personalmente ho sempre amato molto. Pur essendo un pò malinconico, nella sua filosofia si rispecchia il senso della vita, ed è stato e sarà par l'eternità l'attore e l'artista con la A maiuscola.


Mi ha colpita e commossa molto la favola della nascita del cinema per opera di Arléquin, uomo nero, guardiano delle gabbie degli animali del circo, innamorato di una ballerina che era partita per gli Stati Uniti, e, disperato, aveva iniziato a disegnare e poi a riprodurre i disegni in una scatola: non immagini, non fotografie ma movimento : il cinematografo. Arléquin quando disegnava diceva che si allenava per non dimenticare (Ezter, la sua amata) e di qui la malinconia, ma anche la magia di un sogno e questo libro è tutto così, come sospeso. 



"A pulire le gabbie degli animali, Christopher, si impara una gran quantità di cose. Per esempio che per togliere lo sterco di elefante ci vogliono sacchi di canapa larghi almeno un metro, e che con quello di cammello si possono costruire le case. Le mani di Arléquin - le stesse mani che per prime avevano inventato il cinematografo -  sapevano che nel terriccio non si può separare niente: la torba dal letame, la polvere dalla cenere, il bagnato dall'asciutto. Tutto è la stessa semina, lo stesso pugno di sabbia. Anche il silenzio, che è pieno di parole, è il tempo, fatto di ricordi come una radice."


"La nostalgia è sempre un sentimento sleale, si nasconde dietro una scala antincendio e ti sgambetta quando vuole.
Sarebbe una spalla perfetta, per un comico, se si potessero conoscere in anticipo le sue battute"











Ugo Riccarelli_L'amore graffia il mondo

Mondadori editore

2012

p.221


L'amore non è solo nel titolo, ma permea tutto questo romanzo, che narra la storia di una donna, Signorina, che prende nome da una locomotiva. Signorina infatti è figlia di un ferroviere. L'autore percorre tutta la sua vita, dalla nascita, e racconta la sua storia e quella della sua famiglia, animali compresi, passando per la guerra  e la distruzione, fino al matrimonio, alla nascita del figlio, che ha qualcosa che non va, ha un problema di respirazione. Signorina è una donna piena di passione di talento e di creatività (sogna di fare la stilista) ma rinuncia a tutto ciò e sacrifica sé stessa per amore del figlio che ha bisogno di cure, perché con i suoi polmoni non riesce a respirare autonomamente. Ed inizia così un calvario di processioni dai medici, fino ad arrivare in Inghilterra.
 Signorina è una donna, una mamma che sacrifica tutta sé stessa, la sua vita per il figlio.


La passione per il taglio di tessuti le era stata magicamente trasmessa da un omino nella stazione ove suo padre era capo-stazione

"Signorina rimase da sola, a contemplare la sua bambola risplendente di una nuova grazia ed eleganza, con quel fragile vestito di carta colorata che le toglieva gli anni di consunzione e lo sporco, le ditate dell'affetto e dei giochi, fasciandola della bellezza che hanno le cose semplici, leggere"


Non c'è un episodio in particolare che mi ha colpita in questo romanzo, ma è mirabile la leggerezza con cui l'autore passa da un episodio all'altro, intrecciandoli. Un libro che scorre e che, scorrendo, emoziona ed, emozionando. coinvolge.



"Se aveva accetttato di imbarcarsi in quel viaggio che gli pareva senza senso, era soprattutto per Signorina, per la decisione e la forza irrazionale che lei aveva espresso quando gli aveva proposto di andare a cambiare i polmoni fin lassù. Quel gesto incommensurabile, incomprensibile, gli aveva ricordato certi accordi che lui riusciva a ricavare dalle tastiere, qualcosa fatto di istinto e di rabbia, di forza e di leggerezza insieme. Di paura Di amore."









Beatrice Masini_Tentativi di botanica degli affetti

Bompiani editore

2013

p. 328


Si tratta di un romanzo ambientato nell'ottocento, eppure la protagonista, Bianca, è un personaggio molto attuale, perché si sposta dal suo paese sul lago (dopo la morte del padre) per lavorare (ai tempi in cui la donna era solita dedicarsi solo alla famiglia) come pittrice, presso la casa di un poeta, Don Titta. L'ambientazione è la tenuta di Brugherio. Bianca è di origini inglesi, don Titta è un poeta con la passione per l'agricoltura sperimentale, e ciò che commissiona a Bianca è di ritrarre le piante con i suoi acquerelli, oltre che di classificarle.

Bianca si trasferisce nella tenuta di Don Titta e partecipa alle vicende della famiglia intera: donna Clara, la madre di don Titta, donna Julie, la moglie, i figli Pietro ed Enrico, le figlie, Francesca, Giulietta, Matilde, la bambinaia, Nanni, l'istitutore, Innes, anch'egli di origine inglese, Tommaso, un poeta-avvocato mancato, e la servitù Minna e Pia. Le serve sono ragazze che sono state abbandonate dai genitori in fasce davanti alla Chiesa, come si usava fare una volta, la prima Minna, è stata affidata a una famiglia, ma i genitori se la sono tornata a prendere, la seconda Pia no, e pare sia di una famiglia "bene". Proprio questa vicenda nasconde un segreto.

 I personaggi sono molti e sono delineati con maestria dall'autrice, come se si trattasse di un quadro bucolico. La sensazione che si ha leggendo è proprio questo di trovarsi dentro a un quadro, come se la scrittrice fosse una pittrice, esattamente alla stregua della sua protagonista. Dirò di più: bianca è la copertina, Bianca è il nome della protagonista e bianca è la sensazione che lascia questo libro, con qualche pennellata di color pastello, come degli acquerelli, una sensazione piacevole. Inoltre, come dicevo prima, l'ambientazione è storica, ma i dialoghi, le descrizioni, i sentimenti, le emozioni sono senza tempo.

 Io sono nata a Milano e vissuta in Piemonte, da genitori di origini meridionali e ho sempre adorato i paesaggi mediterranei e il sud. Ringrazio l'autrice di avermi fatto vedere sotto un'altra luce la mia terra natale, una luce brillante e luminosa, come Bianca, la protagonista. 

 

 

"E' così che nasce la poesia? vorrebbe chiedergli Bianca, incuriosita. Una catena di pensieri, e poi improvvise o premeditate ecco sgorgare le parole perfette, quelle che li riempiono, i pensieri, come una mano riempie il guanto, e premono il cuore le dita per essere scritte così?" 

 

"La luna è sempre con noi, anche quando non si vede, perché ne abbiamo bisogno come del sole, perché è il rovescio della moneta, la scheggia di tenebra luminosa, che ci portiamo conficcata nel cuore"

 

"L'arte è lo sforzo di imitare l'inimitabile"












© Miriam Caputo

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